Antonio Pala e le sue donne

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Antonio Pala e le sue donne

unionesarda011999 marzo 21 Domenica

Antonio Pala e le sue donne

Un pittore tra maternità e baccanti, sacro e profano impressionante Via Crucis di Antonio Pala sarà il vanto di una chiesa in qualche parte della Sardegna. Quattordici quadri (olio e tecnica mista), uno per stazione, il Calvario di Cristo visto, partecipato con il cuore, gli occhi, le orecchie, l’anima: i colori del raccapriccio, l’accalcarsi della folla eccitata e vociante, i gemiti di chi porta la croce, le urla rauche dei miliziani, il lamento soffocato delle donne di Gesù. Crudeltà, dolore, pietà messi in cornice. L’anonima collezionista che ha acquistato l’opera ha soltanto detto «è il mio regalo a una chiesa». Dove, quando, è ancora un mistero. Ma intanto la Via Crucis dell’artista di Laerru è esposta al pubblico. Può esser vista a Cagliari per una decina di giorni ancora: fa parte della mostra allestita nella ‘Galleria 13′ di Peppino Floris, in via XXVIII Febbraio (aperta mattina e sera tutti i giorni fino al 30 marzo). Per Pala è la cinquantesima personale in oltre quarant’anni di percorso artistico che gli hanno dato soddisfazioni importanti nella scultura, nel disegno, nell’incisione e nella pittura. Non sorprende saperlo allievo di Figari, Dessy, Tavolara, Tilocca, suoi maestri quando frequentava la
Scuola d’arte di Sassari. Da tutti ha assorbito la dignità, il gusto, la tecnica, la classe; di ciascuno di essi ha assimilato i caratteri, fondendone i linguaggi per approdare a una cifra pittorica spiccatamente individuale. Antonio Pala è difficilmente accostabile a un genere categorico. Nei suoi quadri è possibile intuire gli elementi formativi dell’arte realistica rivolta al simbolismo. Mario Delitala osservò che Pala rivela il vero ricreandolo attraverso le emozioni: «I colori con i quali si esprime sono densi, pastosi, e in essi fa scorrere la scivolosa spatola o la dura setola del pennello per ricavarne luci e forme che danno alle sue opere ad olio un aspetto di sintetico primitivismo che risponde, d’altronde, al suo carattere schiettamente lirico di uomo quanto mai semplice…». In questa sua realtà filtrata dallo spirito si leggono caratteri antitradizionali rispetto alla prima metà del Novecento pittorico sardo. C’è anche un po’ di Guttuso, se vogliamo, nel suo figuratismo crudo, nell’energia del tratto, nella determinazione rappresentativa, nel cromatismo deciso, nella solarità dei paesaggi, nella sensualità dei personaggi. Donne, in preferenza. Le donne sono molte nella ricca rassegna proposta in questi giorni a Cagliari. Dalla maternità alle baccanti, dal sacro al profano, la magia femminile è nello stesso tempo idealizzata, spiritualizzata e carnalmente passionalizzata. La donna, stavolta, è in gran parte identificata nella settima musa: mollemente adagiata sull’arpa, ascolta rapita il vibrare delle corde; con sicurezza sfiora i tasti del pianoforte accompagnando il canto delle amiche; o regala il profumo dell’alito al flauto – e sembra di sentirne il modulare. Ma non solo orfeoniste. Il ‘tema’ prevalente della mostra riguarda la musica. La musica sullo sfondo di Cagliari. Così dietro l’arpista si stagliano i tetti e i campanili di Stampace, il violonista siede sotto i portici della via Roma, e la città – angolo dopo angolo – diventa una luminosa sala per concerti sul cui podio non materialmente collocabile volteggia la bacchetta d’un direttore che trascina l’orchestra. «Non è un tema imposto neppure da me stesso», spiega Pala: «Ogni volta, nell’ambito di una mostra, avvio e porto avanti un discorso». Nel sedersi davanti al cavalletto avvia un discorso lasciandosi condurre: sviluppa un pensiero, studia la molteplicità di un argomento e ne rivela le infinite suggestioni, spinto dalla necessità di dipingere quello che sente più di quello che vede. Dice di preferire la figura umana al paesaggio; ma certo esprime non poco amore nel cogliere le luci
di Cagliari, nell’interpretare i panorami, nel ‘raccontare’ fiori o frutta. Quei contorni marcati, quei colori contrapposti o sfumati, quel vigore di esperienza e di vissuto restano negli occhi e nel sentimento di chi li ha osservati.
Mauro Manunza